Nel suo Preambolo, lo Statuto dell'ONU afferma solennemente l’impegno di "Noi popoli delle Nazioni Unite, ...a liberare l'umanità dal flagello della guerra". E ribadisce inoltre il Patto sui diritti civili e Politici, all’art.20: "Deve essere vietata per legge ogni forma di propaganda della guerra".
Nonostante queste solenni dichiarazioni ed impegni, nel diritto internazionale dei diritti umani non esiste uno strumento giuridicamente vincolante che sancisca il diritto alla pace. Nella "Guida ai diritti umani" dell'Unesco, il diritto alla pace viene così definito:
"Il diritto umano alla pace è formulato in una serie di strumenti internazionali che, peraltro, non hanno carattere vincolante e devono essere definiti "soft law". La Dichiarazione di Istanbul, adottata nel 1969 durante la 21° Conferenza internazionale della Croce Rossa, ha proclamato che il diritto a una pace duratura è una dei diritti umani. Nel 1976, il diritto a vivere in pace è stato riconosciuto fra i diritti umani dalla risoluzione 5/XXXII della Commissione per i diritti umani. Nel 1978 l’Assemblea generale dell’Onu ha adottato la risoluzione 33/73 sulla preparazione delle società a vivere in pace. L’articolo 1 di tale risoluzione dichiara: "Ogni nazione e ogni essere umano, a prescindere da considerazioni di razza, coscienza, lingua o sesso, ha il diritto intrinseco a vivere in pace. Il rispetto di tale diritto, al pari degli altri diritti umani, risponde agli interessi comuni di tutta l’umanità e costituisce una condizione indispensabile per il progresso di tutte le nazioni, grandi e piccole, in tutti i campi." La Dichiarazione di principio sulla tolleranza, adottata dalla Conferenza generale dell’Unesco nel 1995 dichiara all’art. 1, para. 1.4 che gli esseri umani "... hanno il diritto a vivere in pace". Nella sua dichiarazione del gennaio 1997 il Direttore generale dell’Unesco ha avanzato la proposta di proclamare il diritto umano alla pace. Una consultazione intergovernativa convocata dall’Unesco in 1998 non è riuscita a elaborare una bozza di dichiarazione su questo tema.
Il diritto alla pace è stato anche proposto come diritto dei popoli. Pertanto, l’Assemblea generale ha adottato nel 1984 (con 34 astensioni) la Dichiarazione sul diritto dei popoli alla pace che "proclama solennemente che i popoli del nostro pianeta hanno un sacro diritto alla pace" e "dichiara solennemente che la tutela del diritto dei popoli alla pace e l’impegno alla sua attuazione costituiscono un obbligo fondamentale di ogni stato"".
In questo ricco dibattito, i movimenti delle donne costituiscono il soggetto che con più forza e più autonomia si è battuto non solo per un'affermazione del diritto umano alla pace, ma per una sua concreta realizzazione. La Piattaforma di Pechino, in particolare, affronta una vasta gamma di problemi, che vanno dalla riduzione delle spese militari, alla promozione di forme nonviolente di risoluzione dei conflitti, al contributo delle donne ad una cultura di pace. La questione è stata poi ripresa sia dalla Commissione ONU sulla condizione delle donne che dalla Relatrice speciale sulla violenza contro le donne.
L'esperienza concreta delle donne in molti conflitti, dal Medio Oriente, al Rwanda, ai conflitti nei Balcani, ha sempre di più acquisito cittadinanza politica e riconoscimento all'interno dell'ONU, fino all'approvazione, il 31 ottobre del 2000, di una Risoluzione su questo tema da parte del Consiglio di Sicurezza.
Il comitato ha l'obiettivo di organizzare una marcia della pace per sensibilizzare la comunità locali e oltre, promuovendo la consapevolezza sulla necessità di costruire una territorio pacifico e solidale.
Organizzare una marcia della pace può essere un'opportunità unica per mobilitare la comunità locale, stimolare la riflessione collettiva e promuovere un impegno tangibile verso la costruzione di un territorio più pacifico e giusto.
Le politiche relazionali rivestono un ruolo fondamentale all'interno di un comitato per la pace, poiché costituiscono la base su cui si costruiscono rapporti solidi, collaborazioni efficaci e un ambiente propizio per la promozione della pace. La costruzione di relazioni positive e la gestione delle dinamiche interpersonali sono elementi chiave per il successo di un comitato che si impegna nella promozione di valori legati alla pace, alla giustizia e alla cooperazione.
Innanzitutto, è essenziale promuovere un clima di fiducia e rispetto reciproco all'interno del comitato. Questo può essere realizzato attraverso politiche di comunicazione aperte e trasparenti, che favoriscano la condivisione di idee, opinioni e preoccupazioni. Un'attenzione particolare dovrebbe essere dedicata all'ascolto attivo, permettendo a ogni membro del comitato di esprimere il proprio punto di vista senza timori o discriminazioni.
Le politiche relazionali dovrebbero anche incoraggiare la diversità e l'inclusività. Un comitato per la pace beneficia di prospettive diverse e di competenze eterogenee, e pertanto è cruciale garantire che tutti i membri si sentano accolti e rappresentati. Questo può essere raggiunto attraverso iniziative che promuovano la diversità di genere, etnia, background culturale e abilità, creando un contesto in cui la pluralità diventa un valore condiviso.
Altrettanto importante è lo sviluppo di politiche di gestione dei conflitti. Nell'affrontare questioni complesse legate alla pace, è inevitabile che emergano divergenze di opinione. Tuttavia, attraverso l'istituzione di procedure chiare per la gestione dei conflitti, il comitato può trasformare queste divergenze in opportunità di apprendimento e crescita. La mediazione e la negoziazione possono diventare strumenti potenti per superare le differenze e lavorare insieme per raggiungere obiettivi comuni.
Infine, un aspetto cruciale delle politiche relazionali di un comitato per la pace è la promozione della collaborazione con altre organizzazioni e la società civile. Costruire reti solide e sinergiche è essenziale per amplificare l'impatto del lavoro del comitato e favorire il cambiamento positivo a livello locale e globale. Questo richiede politiche che incoraggino la condivisione di risorse, la cooperazione e la costruzione di alleanze strategiche.
In conclusione, le politiche relazionali di un comitato per la pace sono il fondamento su cui si basa la sua efficacia. Attraverso la promozione della fiducia, dell'inclusività, della gestione dei conflitti e della collaborazione, il comitato può svolgere un ruolo significativo nella costruzione di un mondo più armonioso e giusto.
Il comitato azione per la pace svolge un ruolo cruciale nella promozione di dialogo e comprensione. Le attività del comitato possono abbracciare una vasta gamma di iniziative e azioni volte a favorire un clima di armonia, cooperazione e giustizia locale.
Di seguito sono elencate alcune possibili attività che il comitato per la pace potrebbe intraprendere:
Educazione alla Pace:
Campagne di Sensibilizzazione:
Eventi Culturali e Artistici:
Media e Comunicazione:
Progetti Umanitari:
Partecipazione alla Politica Locale:
Monitoraggio e Documentazione:
Queste attività possono contribuire in modo significativo alla creazione di un ambiente locale in cui la pace diventa un obiettivo condiviso e raggiungibile. La varietà di iniziative consente al comitato di adattarsi alle esigenze specifiche della propria comunità e di affrontare in modo proattivo le sfide legate alla costruzione e al mantenimento di una società pacifica.
Le attività di supporto alla popolazione locale svolte da un comitato per la pace sono fondamentali per creare un impatto positivo tangibile nella comunità. Queste attività mirano a migliorare la qualità della vita, promuovere la solidarietà e rispondere ai bisogni emergenti. Ecco alcune possibili iniziative:
Assistenza Umanitaria:
Programmi Educativi e Formativi:
Sostegno Psicologico:
Iniziative di Sviluppo Economico:
Programmi Sanitari:
Progetti di Infrastruttura Sociale:
Iniziative Culturali e Ricreative:
Accesso all'Informazione:
Iniziative per la Partecipazione Civica:
Promozione della Sostenibilità Ambientale: